Si terrà il 30 giugno 2015, presso l’aula magna della Provincia Regionale di Catania, in via Nuova Luce,67/A di Tremestieri Etneo, il convegno sulla “Depenalizzazione dei reati minori D.Lgs n. 28/15”. L’incontro, organizzato dagli avvocati Francesco Salluzio, Andrea Lo Presti e Cristofero Alessi, con il patrocinio della Provincia Regionale di Catania, l’Associazione Nazionale Tutela Animali, UGL Sicilia ed altri enti, consentirà ai partecipanti il conseguimento di 4 crediti formativi rilasciati dall’Ordine degli Avvocati di Catania e vedrà come relatori, oltre ai tre legali, le dottoresse Marisa Scavo e Agata Consoli, Sostituti Procuratori della Repubblica di Catania, il Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato Adriana Muliere nonché segretario regionale della UGL Polizia di Stato, l’Ispettore Marco Lanzafame della Polizia Municipale di Catania, il dottor Bruno Mei presidente dell’ANTA onlus nazionale e Vera Russo presidente dell’Associazione Animalista onlus ”Le aristogatte”. Lo scopo del meeting è quello di illustrare, approfondire e chiarire ogni dubbio sulla nuova disciplina introdotta con il D.Lgs n. 28 del 16/03/2015 recante “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto” a norma dell’all’art. 131 bis del Codice di Procedura Penale. L’obiettivo di tale provvedimento è la revisione del sistema sanzionatorio e l’attuazione della legge delega 67/2014 in materia di pene detentive non carcerarie e depenalizzazione.
I criteri sui quali deve incardinarsi il giudizio di “particolare tenuità del fatto”, secondo il primo comma del nuovo art. 131 bis c.p., sono i seguenti: la particolare tenuità dell’offesa, che implica una valutazione sulle modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo e l’intensità del dolo o grado della colpa; la non abitualità del comportamento dell’autore (che non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né aver commesso altri reati della stessa indole). Sono , inoltre, individuate al secondo comma, specifiche situazioni in presenza delle quali l’offesa non può mai essere ritenuta di particolare tenuità e che, dunque, precludono anche astrattamente il riconoscimento della causa di non punibilità: l’aver agito per motivi abietti o futili; l’aver agito con crudeltà, anche in danno di animali; l’aver adoperato sevizie; l’aver approfittato della condizione di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa; l’avere la condotta cagionato o l’essere dalla stessa derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.
Solo a seguito di un accertamento rigoroso di tali condizioni da parte del giudice, lo Stato rinuncerà ad applicare una pena per attuare una tutela risarcitoria e/o restitutoria tipicamente civile.
Il giudice, nel valutare il fatto, oltre ai rigorosi limiti normativi, dovrà tenere conto delle istanze della persona offesa e dello stesso indagato o imputato, le cui contrapposte ragioni dovranno emergere nella dialettica procedimentale, tanto in fase di contraddittorio sulla eventuale richiesta di archiviazione quanto nella fase dibattimentale.
Quanto previsto dall’articolo 131 bis c.p.p. ha suscitato non poche polemiche nel mondo giuridico, accademico e politico, poiché nel linguaggio comune si è parlato impropriamente di depenalizzazione. Difatti, elenchi di reati sono apparsi sui media, ai quali la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto si applicherebbe, ha cagionato l’erronea convinzione che il decreto legislativo comporti la loro depenalizzazione. In realtà non si tratta di depenalizzazione e la differenza è palese: con la depenalizzazione, tutti i reati, a prescindere dalle modalità con le quali si sono consumati concretamente, vengono meno. Con la neo norma, invece, non sarebbero punibili i reati, sanzionati in astratto nel massimo con la pena di cinque anni di reclusione o con pena pecuniaria, solo qualora siano in concreto scarsamente offensivi. Per cui nel primo caso (depenalizzazione), il legislatore stabilisce a priori le condotte che non costituiscono più reato, mentre nel secondo caso (art. 131 bis c.p.p), il legislatore attribuisce al giudice il potere di verificare i fatti che non meritano di essere puniti, perché per loro modalità per la lievità del danno o del pericolo cagionato, per la loro occasionalità hanno arrecato una offesa troppo lieve per meritare una sanzione penale. Sostanzialmente proprio perché non si tratta di una vera e propria depenalizzazione, i difensori potranno sempre invocare l’applicazione della norma ma resterà nella discrezionalità del giudice stabilire se vi siano in concreto i presupposti per l’applicazione.